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Mappa dei comuni siciliani a rischio idrogeologico

E' stata realizzata una mappa che evidenza i comuni siciliani in situazione critica riguardo al dissesto idrogeologico. La trovi in fondo all'articolo pubblicato su siciliainformazioni.com e scritto da Giulio Giallombardo.

"Un’Isola che perde pezzi. La Sicilia è tra le regioni italiane che superano il 90 per cento di dissesto idrogeologico nel proprio territorio. Spesso lo si ricorda quando è ormai troppo tardi, dopo che un’altra collina è venuta giù travolgendo interi paesi. Dalla frana storica di Agrigento del 1966 fino alla tragedia di Giampilieri nel 2009, la storia della Sicilia è costellata di drammi che si sarebbero potuti evitare con interventi mirati di prevenzione e dichiarando guerra all’abusivismo edilizio.

I numeri sono preoccupanti: su 390 comuni, ben 277 ricadono in aree soggette a rischio idrogeologico. Lo conferma Gianluigi Pirrera, presidente della sezione siciliana dell’associazione italiana di Ingegneria Naturalistica. Da alcune zone di Palermo, fino a Messina, con diversi comuni del Parco dei Nebrodi; da Trapani fino alla costa jonica a nord di Catania, le urgenze si fanno sempre più pressanti. Per non parlare poi del rischio desertificazione concentrato soprattutto tra l’Ennese e il Nisseno, con Villarosa in testa che detiene il record della massima percentuale di rischio di tutta la regione (91,94% del territorio).

Di fronte a queste criticità, l’ingegneria naturalistica potrebbe rappresentare un valido strumento a tutela del territorio. Si tratta di una disciplina trasversale che utilizza piante autoctone insieme a materiali inerti per contrastare l’erosione del terreno ed aumentarne la stabilizzazione. “Gli interventi d’ingegneria naturalistica – spiega Pirrera a SiciliaInformazioni – sono ancora poco applicati al territorio. C’è una scarsa attenzione da parte degli enti pubblici che ritengono che queste tecniche non siano sufficienti”. L’uso e l’abuso di opere rigide e massicce, come i muri di consolidamento, ha la meglio rispetto a opere che, al contrario, si adattano al movimento del terreno come fa l’ingegneria naturalistica. “Questo cambio d’impostazione – prosegue Pirrera – non viene percepito e c’è molto semplicismo diffuso. Non è un caso che la Sicilia è tra le pochissime regioni d’Italia che non ha tra i suoi capitolati di spesa interventi di ingegneria naturalistica”.

Per contrastare la franosità vengono studiati interventi a basso impatto ambientale che agiscono in modo elastico piuttosto che rigido, assecondando il terreno. Come le gabbionate, che per essere vere opere d’ingegneria naturalistica devono avere al loro interno delle piante, che agiscono staticamente in modo da operare come strumento di consolidamento. “Facciamo lavorare gli apparati radicali di specie per lo più arbustive – spiega ancora Pirrera – e poi agiamo con semine e idrosemine per proteggere dall’erosione. Noi non piantiamo alberi, questi arrivano a uno stadio finale. Il nostro obiettivo è aiutare la natura a rimarginare le proprie ferite, un processo di autoguarigione, rinaturazione del territorio, affinché si auto protegga nel tempo”."

Ecco la mappa dei Comuni più critici in Sicilia 

L'articolo che hai letto è stato scritto da Giulio Giallombardo e pubblicato sul sito web siciliainformazioni.com

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