Un capolavoro di scultura manierista, la Fontana del Nettuno di Giovan Angelo Montorsoli rappresenta una delle opere più iconiche del patrimonio artistico messinese. Concepita come un’allegoria delle insidie dello Stretto di Messina, la fontana fonde magistralmente arte, mito e simbologia in una composizione maestosa.
La Storia
La fontana fu realizzata nel 1557 dall’artista fiorentino Giovan Angelo Montorsoli, allievo di Michelangelo, e originariamente collocata sulla curva portuale davanti alla Palazzata ottocentesca. Fu trasferita nella posizione attuale nel 1934 per volere del prefetto Michele Adinolfi. Progettata come celebrazione delle acque dello Stretto, la fontana raffigura le figure mitologiche di Scilla e Cariddi, personificazioni delle forze distruttive del mare. Alla sua ideazione contribuì anche Francesco Maurolico, autore delle iscrizioni in latino.
La fontana ha subito diverse modifiche e interventi nel corso dei secoli:
- La statua di Scilla, danneggiata durante la rivolta antiborbonica del 1848, fu sostituita nel 1858 da una copia di Letterio Subba, mentre l'originale è oggi custodito nel Museo Regionale di Messina.
- Anche la statua di Nettuno fu riprodotta nel 1856 da Gregorio Zappalà; la versione originale è anch'essa conservata nel Museo Regionale.
- La Fontana del Nettuno di Messina è considerata un precursore delle altre celebri fontane di Nettuno in Italia, come quella del Giambologna a Bologna (1563-1566) e quella di Bartolomeo Ammannati a Firenze (1563-1577), per le quali servì da modello e ispirazione.
Descrizione artistica
La struttura della fontana si sviluppa su un grande basamento quadrangolare a gradini, ornato con pannelli decorativi a bassorilievo raffiguranti tridenti, conchiglie e delfini. Il nome del suo creatore, JO. ANG. FLOREN. SCULPSIT, è inciso sui bordi, insieme a iscrizioni latine.
Dal centro della vasca si innalza un piedistallo arricchito da quattro cavalli marini idrofori, che sprigionano acqua in una danza simbolica. Il piedistallo è decorato con stemmi in bassorilievo:
- Le colonne d’Ercole e il motto imperiale “Plus Ultra,” simbolo di Carlo V.
- Il collare dell’Ordine del Toson d’Oro, uno degli ordini cavallereschi più prestigiosi.
- Le armi di Filippo II di Spagna, a cui è dedicata un’iscrizione sul fronte principale: PHILIPPO CAROLI V. IMP. FILIO/REGNANTE. MDLVII.
Ai lati del piedistallo, con drammaticità michelangiolesca, si trovano le figure di Scilla e Cariddi:
- Scilla: Rappresentata con petto e viso di donna, presenta teste di cani latranti legate sul ventre e una coda di pesce.
- Cariddi: Con sembianze femminili, ha un ventre di lupa e una coda di pesce. Entrambe sono raffigurate mentre cercano di liberarsi dalle catene con cui Nettuno le ha domate.
Sopra di loro si erge la figura possente di Nettuno, dio del mare, che con il tridente nella mano sinistra e un delfino avvolto attorno a una gamba incarna il dominio sulle forze naturali.
Un Progetto di Riscoperta Storica
La fontana è anche un esempio emblematico del rapporto della città di Messina con il mare e il suo ruolo di porto strategico nel Mediterraneo. Nel corso dei secoli, le sue vicissitudini, tra cui trasferimenti e restauri, riflettono il continuo impegno della città per preservare questo capolavoro. L’attuale ubicazione, in una piazza che consente una visione a 360°, enfatizza la maestosità dell’opera.
Curiosità
- La Fontana del Nettuno non celebra solo il mito, ma fu anche concepita come simbolo del potere e della grandezza dell’Impero Spagnolo, rappresentato dai numerosi emblemi araldici.
- Francesco Maurolico, illustre matematico e scienziato messinese, contribuì alle iscrizioni, inserendo frasi che celebrano il legame tra mito e ragione.
- Lo stile manierista del Montorsoli, evidente nella resa drammatica e potente delle figure, è un omaggio al maestro Michelangelo, di cui fu fedele seguace.
Un capolavoro senza tempo, la Fontana del Nettuno è oggi uno dei simboli più rappresentativi di Messina, capace di raccontare storia, arte e mito con la sua imponente bellezza. Un gioiello che continua a conquistare l’ammirazione di chi lo osserva.